Oggi si celebra il ‘Giorno del ricordo’, ricorrenza dedicata alle vittime delle foibe ed istituita con legge nel 2004. Il numero di coloro che sono stati uccisi, dopo esser stati gettati nelle profonde fosse tipiche del Carso, le foibe appunto, rimane tuttora imprecisato, con stime che vanno dai 1.000 ai 5-6.000 morti. Il ‘Giorno del ricordo’ si celebra in in Italia ogni 10 febbraio per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe nel secondo dopoguerra. Fra il 1943 e il 1947 sono stati gettati, vivi e morti, quasi diecimila italiani. La prima ondata di violenza esplode subito dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943: in Istria e in Dalmazia i partigiani slavi si vendicano contro i fascisti e gli italiani non comunisti. Torturano, massacrano, affamarono e poi gettano nelle foibe circa un migliaio di persone. Li considerano “nemici del popolo”. Ma la violenza aumenta nella primavera del 1945, quando la Jugoslavia occupa Trieste, Gorizia e l’Istria. Le truppe del Maresciallo Tito si scatenano contro gli italiani. A cadere dentro le foibe ci sono fascisti, cattolici, liberaldemocratici, socialisti, uomini di chiesa, donne, anziani e bambini. Lo racconta Graziano Udovisi, l’unica vittima che riuscì ad uscire da una foiba. È una carneficina che testimonia l’odio politico-ideologico e la pulizia etnica voluta da Tito per eliminare dalla futura Jugoslavia i non comunisti. La persecuzione prosegue fino alla primavera del 1947, fino a quando, cioè, viene fissato il confine fra l’Italia e la Jugoslavia. Ricordare permette al passato di non tornare presente e alle persone di crearsi un’identità morale ed etica.
10/02/11
Francesca Putrino